Mao non capiva niente di musica

 
Alan Lomax era figlio di un "impiegato radiofonico", un americano che girava dal sud al nord degli USA per registrare le voci dei neri cantanti contadini.
Il piccolo Alan, soprattutto in estate, andava con il papà in cerca di vecchi blues, le canzoni americane che provengono dall'anima. Cresciuto a pane e cotone, appena diventò adulto Alan chiese al padre di poter fare il suo stesso lavoro: la radio, un mistero di onde, frequenze invisibili che si trasformano in musica.

I registratori del giovane Lomax erano molto più moderni di quelli del padre, così da non avere bisogno di prendere la patente della macchina per trasportare quegli enormi marchingegni che registravano suoni ovattati.
Un giorno Alan Lomax decise di affrontare un viaggio in Europa (con i contributi del governo amerikano) alla ricerca delle musiche barbare di italo-periferia, così da farle ascoltare alle migliaia di anarchisti italiani residenti in USA vogliosi di uccidere un altro re o chi fa per lui (spero che questa voglia non passi mai!).
Alan finalmente arrivò in Sicilia con Giovanni Di Martino (inteso "u Piruzzu"), etnomusicologo e ricercatore di fama, contattato per i viaggi da effettuare in Italia. L'impatto con l'Isola fu morbido. Lo straordinario apporto umano, fisico e "stupefacente" di G. Di Martino evitò a Lomax quei tipici contrasti con gli indigeni siculi, di solito assetati di danaro, non pretesero nessuna tangente per le registrazioni.
 
Delle ricerche da me effettuate negli ultimi anni, mi hanno fatto approdare in un piccolo paese della fascia costiera del ragusano: Santa Croce Camerina. Ho scoperto con piacere che Giovanni Di Martino, dopo aver girato tutta l'Isola e forse il mondo, dopo aver inciso chissà quante bobine di nastro, si trasferì qui per metter su famiglia; comprò delle piantine di zucchina, gli regalarono una scrofa e s'innamorò di una forte e volenterosa donna Rumena che tutt'ora lo aiuta nel lavoro.
La passione di Giovanni per la ricerca da circa un decennio gli è svanita, il nostro compagno ha preferito una sincera vita di campagna.
 
U PIRUZZU E LA MUSICA ELETTRONICA (o elettrotecnica)
Quando andai a trovare Giovanni u Piruzzo la prima volta, non gli avevano ancora allacciato la corrente elettrica; per lui fu positivo soprattutto perché non potendo tenere le birre in frigo spendeva meno soldi comprando il vino sfuso. Andai a trovarlo perché volevo registrare la sua voce e per porgli dei quesiti sul suo passato di ricercatore e studioso delle tradizioni popolari, mi ero ostinato a capire le motivazioni delle sue rinunce, cosa lo avesse spinto realmente a ritirarsi dal magico mondo accademico-spettacolare.
Non concludemmo niente, Giovanni si rifiutò di rispondere e in più qualcuno ci disturbava costantemente: una gallina, la scrofa, il figlio del vicino e il vicino stesso (esibizionista e chiacchierone). Il Di Martino sembrava quasi annoiarsi, tutte le mie domande lo portavano indietro nel tempo, un tempo che non voleva assolutamente ricordare.
 
La stessa notte non riuscì a dormire, mi scervellai a ricostruire i percorsi di Giovanni e ad interpretare i suoi lunghi silenzi; dopo un paio di canne, arrivai ad una semplice conclusione: la ricerca da seguire, secondo u Piruzzu era quella costante della vita, dell'impatto con la sabbia e dell'intenso odore che si respira in campagna dopo la pioggia. Queste sensazioni non si possono provare da turista-naturalista, bisogna viverle a lungo, bisogna affondare le mani nella terra e veder spuntare i calli che il manico della zappa produce.
La ricerca delle tradizioni scomparse creò nella testa di Giovanni un mondo virtuale, ragionava su qualcosa che non si poteva più toccare e ci rimase di merda. U Piruzzu abbandonò tutto: né computer, né internet, né dio, né stato, né servi, né padroni, né file alla posta, solo la sua visione dell'anarchia.
Il Di Martino sviluppò uno stile di vita personalissimo, era felice di alzarsi presto al mattino per lavorare la terra, era felice di fare l'amore a lungo senza l'obbligo di rialzarsi e vestirsi per andare a lavorare, era felice di abbracciare Daniela, sua splendida compagna, che profuma di terra e di carrube tostate, di erbe aromatiche e sugo di maiale.
 
Grazie Giovanni
da quando ti ho conosciuto è cambiato il mio modo di vedere la vita, ricordo le prime volte che ti ho parlato, il tuo esprimerti.
Il tuo incontro ha cambiato anche la mia musica, con te ho scoperto la vera amicizia, poter contare su qualcuno, non essere soli. Tu sei un uomo d'altri tempi, un contadino romantico. Le mie ricerche partono dai tuoi insegnamenti: io ti conosco, sono nato nel tuo stesso paese ed ho giocato nelle stesse campagne e nelle stesse spiagge.
Abbiamo lanciato sassi, qualcuno si è rotto la testa, io ho coltivato la mia passione per la musica e tu più quella per l'alcol. Ricordo quando dopo aver picchiato tuo padre, tuo cognato ti portò nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Ragusa. Imbottito di farmaci, ti misero davanti a una TV insieme ad una signora di mezza età. Eri solamente alcolizzato e avevi una buffa panza gonfia e tonda; dopo la "cura", riniziasti a bere non alcolici, solamente limonate, toniche e chinotti.
 
Canzoniere Sintetico
Abbiamo aggiunto solo l'uso del computer: ti abbiamo suonato.
Dai tuoi insegnamenti non si è buttato via niente, anzi. L'uso della tecnologia ci ha permesso di portare innovazione, la tua essenza si confronta con le nostre nuove esperienze e con la musica "colta" che non ci ha condizionato.
Componiamo senza inutili sofisticazioni e usiamo lo spartito pensandoti, leggiamo testi importanti sapendo che tu l'hai già fatto e già visto. La rivoluzione la faremo insieme, io porterò i panini e le birre, porterò anche un poster di Mao per far vedere ai compagni come non sorrideva Mai.
La rivoluzione è divertente, delicata ed elegante e si fa con l'amore e le canzoni…Mao forse non ha amato Mai, non ha cantato e ha condotto la rivoluzione culturale per tenere le masse ignoranti e la cultura sulle masse.
Proviamoci Giovanni, se non dovessimo riuscirci berremo tutte le birre a casa tua, velocemente, prima che si riscaldino!
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4 risposte a Mao non capiva niente di musica

  1. nto scrive:

    ma perchè venite tutti da me, ogni tanto qualcuno simpatico…minchia, mi tocca pure giustificarmi!
    luoghi comuni? ma l’hai letta la storiella, non parla per niente di mao: lo cita solo alla fine con un sarcasmo per niente sottile…

    comunque io mi ero già informato e non credo che sia una soluzione mandare a morire migliaia di persone per costruire uno stato forte e per dare la cultura e bla bla; vedi cuba, sta a vantarsi dell’alto livello di scolarizzazione mentre le carceri son piene di persone che solamente non condividono il regime comunista (tra cui molti anarchici, non filoamericani). questo è un esempio dei giorni nostri, in un posto molto piccolo.
    so solo, per un po’ di esperienza, che è molto difficile parlare con chi crede nell’autorità, vabbè ciao anonimo

    PS
    “ognuno scirve quello che vuole”, forse con un regime di tipo maoista non è tanto possibile

  2. piccolob scrive:

    e perchè avrei dovuto offende?parti già prevenuto.e poi perchè un contatto?puoi cancellare quanto ti pare, figurati.Berlusconi sorride ancora e non ha ancora tagliato la gola a nessuno per fortuna.ha mandato forse qualcuno per farlo, quello si.
    non sono assolutamente maoista ma ritengo abbia fatto grandi e buone cose per poter liquidare così una storia come quella cinese.mai sentito parlare della grande produzione discografica in Cina specialmente sotto Mao?informati.esistono migliaia di pubblicazioni.poi se non ti piace è un’altro discorso.le tue esternazioni mi sembrano solo vuoti luoghicomuni. ma ogniuno scrive quello che vuole.
    addio

  3. nto scrive:

    cara/o
    io vorrei cancellare tutti i commenti anonimi. il tuo lo lascio perchè non offende nessuno, però sarebbe bello scrivere un nome o un contatto.
    mao sorrideva sempre, anche berlusconi
    sorrideva pure quando faceva tegliare la laringe ai dissidenti politici?

  4. Lao scrive:

    Mao sorrideva Sempre.e se non c’era la rivoluzione culturale solo pochi potevano permettersi uno strumento qualsiasi.

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