Lavorare: quanta gente gode a parlare
di lavoro, quanta gente definisce una persona come seria perché
lavoratore, quanti mettono in primo piano il lavoro anche davanti ai
figli o al proprio amore? Per molti è la propria vita, il dimostrare
alla società che non si scherza, che non si ha tempo per fare
politica, cazzeggiare e oziare magari leggendo un libro sdraiati sul
divano.
Svariate volte ho provato a fare della
passione un lavoro, con un po’ di ingenuità, ottimismo, sogni e
poesia: è possibile…è possibile provarci per poi accorgersi che
non si può proprio fare. Certo, si può avere un lavoro
interessante, dei colleghi simpatici, questa è già una gran bella
botta di culo, ma trovare qualcuno che ti paga per le tue passioni,
senza compromessi no no, non si può.
Lavorare non è bello, soprattutto se
hai tanti interessi potresti farne a meno; ma se vieni da una
famiglia normale, se hai dei figli da campare, purtroppo ti tocca.
A questo punto entra in scena una
persona che crede nella libertà, diciamo un anarchico, come minimo
un libertario, uno di quelli che non si sente inferiore a nessuno.
Quando questa persona va a lavorare riconosce il capo come datore di
lavoro, cioè quello che paga e basta.
Il datore di lavoro può essere
classico o progressista. Continua a leggere