avete rotto con la legalità: i neo-melodici

Facebook ormai si usa assai,
troppo-assai. Comunque grazie ad un link, sono arrivato a questo
articolo

http://www.avanguardie.org/neomelodici-camorra

Quattro giovani in
sella a due moto sfrecciano per la città. Seri, sicuri, fieri. ‘O
capoclan è a casa, sereno, si rilassa leggendo un giornale e fumando
una sigaretta. “Per quest’uomo non esiste libertà, per l’onore
si nasconde la verità”. Sorride il capoclan. Fuori i suoi uomini
lo aspettano. Sanno già come comportarsi. Arriva una lettera dal
capo, su di essa c’è scritto il nome di chi ha sbagliato e deve
pagare. “Il capoclan è un uomo serio, che non è davvero cattivo,
ma non si può ragionare col cuore. Il capoclan no, non sbaglia,
perché per la famiglia è lui il capo e deve saper comandare!”. E’
il ritornello della canzone di Nello Liberti, cantante neomelodico
ercolanese, che nel Novembre del 2009 è stato al centro di numerose
polemiche per la canzone “’O capoclan”, un vero è proprio inno
alla camorra in cui vengono messe in risalto alcune delle
caratteristiche tipiche di un boss: il comando, la saggezza, la
serietà, un pizzico di religiosità e la condanna a morte per chi
tradisce.

Non è la prima volta che questo
parallelismo tra musica e criminalità organizzata si ripropone agli
occhi (e alle orecchie) della società. Un parallelismo culturale in
cui si utilizza un mix di parole e musica per raccontare ed esaltare
una storia, un avvenimento, un soggetto o dei soggetti che attuano
comportamenti devianti.

Come e quando nascono i neomelodici


La musica neomelodica nasce negli anni
’70, nel periodo in cui Cutolo trovava, fuori e dentro dalle
carceri, una massa di giovani delinquenti che sarà alla base di
quella che diventerà la Nuova Camorra Organizzata (NCO). E’ in
questo preciso periodo che iniziano ad affermarsi i cosiddetti
cantanti “neomelodici”, cantastorie provenienti dai quartieri
napoletani. Distinguere un cantante neomelodico da uno normale non è
abbastanza difficile: presenza scenica omogeneizzata, testi delle
canzoni in dialetto (napoletano), diffusione capillare nei quartieri
e nelle città di tutta la regione.

Dal racconto
all’esaltazione

La Napoli dalle condizioni sociali
piuttosto precarie, dalla povertà esistente da secoli in certi
quartieri ha prodotto effetti sulla cultura popolare. Il teatro, la
canzone, la letteratura non potevano ignorare quello che erano i modi
di vivere della plebe e del sottoproletariato napoletano. La
sceneggiata, ad esempio, nasce e si sviluppa in questi contesti.
Eduardo De Filippo baserà le sue storie su un vissuto che è proprio
del modo di vivere dei quartieri. La musica darà alla luce canzoni
come Guapparia e Carcere (scritte da Libero Bovio). Insomma, tutte
opere prodotte dalla borghesia napoletana in cui si raccontano fatti
e situazioni i cui protagonisti sono personaggi “deviati”, figli
della malavita, che vivono in contesti sociali in cui si cerca una
“giustificazione sociale” alle attività illegali che essi
svolgono. Ma si tratta di autori estranei a quei contesti. Autori che
hanno vissuto al di fuori di quel modo di vivere, che lo hanno
soltanto osservato, ma non toccato con mano. Autori che non difendono
la malavita, né la giustificano, ma la raccontano, ne illustrano i
tratti comuni relegandole un’arte.

A quest’arte si contrapporrà negli
anni la Napoli giustificatrice, che nasconde i delinquenti a causa
della camorra; una Napoli che diffonde una cultura popolare in difesa
dei quartieri-Stato. Il fenomeno dei neomelodici si sviluppa in
questo contesto: forte immedesimazione nel contesto sociale in cui si
vive, giustificazione sociale all’illegalità, creazione di valori,
appartenenza camorristica. E tutto questo può essere illustrato
mettendo a confronto il passato con il presente. Canzoni come Nu
Latitante (Tommy Riccio) e O’ Pentito (Zuccherino) raffigurano in
maniera esauriente ciò che si intende per “cultura popolare
deviata”, e cioè una cultura popolare nata e sviluppata in quei
quartieri in cui la camorra (e quindi l’illegalità) è presente da
secoli, in cui si cerca l’esaltazione del camorrista, si diffondono
sentimenti di ammirazione verso quest’ultimo.

Scrive Isaia Sales: “I neomelodici
affermano l’identità di una minoranza sociale urbana che cerca,
attraverso le canzoni, un sostegno culturale al proprio modo di
essere” [Le Strade della Violenza]. Una vera e propria identità
sociale, in cui molti si riconoscono: è questo il segreto del loro
successo. Continua Sales: “Chi scrive questi testi non vuole essere
ascoltato da un pubblico eterogeneo, ma soltanto dal suo pubblico che
è quello che giustifica anche la camorra”.

Non solo arte,
ma anche affari

I clan, o meglio i boss, non hanno mai
ignorato questo fenomeno, anzi, è stato dimostrato che ogni cosca
“sponsorizza” il suo neomelodico preferito, preferibilmente
appartenente al territorio di controllo dell’organizzazione
criminale in questione. Il boss Luigi Giuliano ha scritto parecchi
testi per canzoni neomelodiche: Chill’ va pazz’ pe’ te, cantata
da Ciro Ricci, è divenuta un autentico tormentone negli anni ’90 a
Napoli e provincia. Gigi D’Alessio, sponsorizzato dallo stesso
Giuliano, ha più volte raccontato delle nottate trascorse col Re di
Forcella a scrivere canzoni.

Un fenomeno che non si
“accontenta” di essere arte popolare, ma che in certi casi ha
portato alla gestione di numerosi affari: matrimoni, feste di piazza,
comunioni, apparizioni televisive, compilation. Fenomeno che è in
continua evoluzione, consolidato dal successo che si ottiene
sfruttando l’incredibile diffusione di quella cultura
dell’illegalità che è presente in ogni città o paesino della
regione.


ma poi cosa significa legalità? sono le leggi, la
costituzione. io non sono democratico, non credo nel vostro stato,
nelle vostre leggi anche se ben applicate

legalità (etimologia): carattere di ciò che è
legale, conforme alle disposizioni di legge.
la legge dice che se ti
fai una canna vai in galera, che se rubi un pezzo di pane vai in
galera.
è questa la vostra idea risolutiva, siete tutti sbirri e
magistrati?


 

un mio commento:



state travisando di brutto. ok, anche se non mi piace
questa musica e non mi appartiene, ho vissuto a napoli ma napoletano
non sono, trovo ingiusta la vostra condanna.

intanto, quale
sarebbe la VERA musica napoletana? l’avanguardia della nuova
compagnia? eugenio bennato che ruba le musiche ai ragazzini che
ingaggia per le tournée? le tammurriate che credo un centinaio di
anni fa saranno state eseguite di sicuro da gente losca, gente pronta
a cacciare fuori il coltello?

la neomelodica, nel bene o nel male, è espressione di
una cultura, una sotto-cultura; alcuni testi raccontano comunque di
vita reale, cosa che le canzoni di oggi non fanno. la neomelodica è
la nuova musica popolare, è vera, nei quartieri la gente che
l’ascolta si immedesima nelle storie.

questo scontro tra
illegalità e legalità lo trovo fuori contesto. perché a mio avviso
allora è illegale anche pupo e emanuele di savoia, povia contro i
gay, etc.

oggi, ad esempio, molti antifascisti (e io sono
interamente antifascista), riscoprono le canzoni del ventennio. fanno
parte della nostra storia, della nostra cultura deviata, ma fanno
parte della storia.

l’occhio antropologico non si arresta
davanti a barriere pseudo-oggettive su cosa è bene e male.

il
rap newyorkese è pieno di tipacci gangaroli che nessuno condanna e
che, anzi, fanno soldi a palate scalando le classifiche mondiali.

allora condanniamo tutti, smettiamola di fare i soliti
italiani: o ignoranti o avanguardisti con la puzza sotto il naso,
sempre pronti a criticare quelli che una volta venivano chiamati
sottoproletari: gente senza arte né parte, gente che spesso l’unica
vita che conosce è quella del proprio quartiere dove il mito è il
boss…d’altra parte, per i figli della gente perbene, quella che
lavora troppo per stare con i figli, ma che paga la scuola privata
per farli venire su, il mito può essere il wrestler, hanna montana,
un immaginario supereroe.

condanniamo tutto o analizziamo bene

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