[…] Più avanti si obietta che la libertà dell’artista è già in se stessa ideologia, e che proprio i capolavori autentici sono in un certo senso sempre nati sotto il controllo sociale, per la volontà di un commissionario o sotto l’imposizione del mercato: ma questo è un sofisma. Anche se le cose fossero veramente sempre andate così male, questo non giustificherebbe di dover mantenere coscientemente in vita ciò che è falso e cattivo. Inoltre questa obiezione vela differenze sostanziali: la cerchia limitata dei commissionari feudali avanzava almeno la pretesa della competenza, riconoscendo così l’indipendenza dell’artista inteso come artigiano che “ha un mestiere in mano”; il mercato anonimo del periodo borghese, poi, ha lasciato all’artista uno spazio sufficiente per deviare dalla linea, onorando addirittura questa deviazione come suggello di genialità.
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