Ricette sonore #1: variante sulla cucina siciliana

premessa.

Non
so se già qualcuno ha inserito nelle ricette i suoni della cottura,
comunque la trovo un’idea interessante e forse il modo più utile per
immaginare il profumo dei piatti (almeno a me dà questo effetto, il
mio naso è più collegato alle mie orecchie che ai miei occhi).

Non
sono un cuoco, sono un semplice appassionato che non è mai stato in
un ristorante d’avanguardia (non me lo posso permettere). Mi occupo di suono, questo è anche il
mio lavoro.

Pare
che Salgari non fu mai in Malesia, ma la raccontò nei dettagli. Io
leggo spesso recensioni e soprattutto guardo foto dei piatti di Adrià
e Bottura, questo mi basta per immaginare gli odori e i sapori e sono
convinto che ascoltare il suono della preparazione dei loro piatti, mi
farebbe ancora più immergere in questi gusti a me sconosciuti.

Questo
piatto è una mia variate di un classico siciliano, una versione
della “pasta cu la muddica”, una ricetta semplicissima e
antichissima.

spaghetti integrali
con pangrattato al sesamo e acciughe

Mettete in una padella a fuoco basso dell’olio extravergine d’oliva, aggiungete dell’aglio intero schiacciato. Aggiungete delle acciughe sottolio e lasciate soffriggere.
Appena le acciughe sono completamente spappolate, aggiungere dei semi di sesamo e dopo qualche minuto il pangrattato. Mescolate spesso e spegnete il fuoco appena il pangrattato si inscurisce, eliminate l’aglio.

In un’altra
padella fate semplicemente un soffritto con olio extravergine
d’oliva, aglio e peperoncino (come per fare una pasta aglio, olio e
peperoncino).

Lessate gli
spaghetti integrali al dente, mettete da parte un po’ di acqua di
cottura. Uniteli nella seconda padella, quella con il soffritto di
aglio, olio e peperoncino. Aggiungete un po’ d’acqua di cottura e
mescolate un minuto a fuoco lento.

Mettete nel piatto
la pasta che spolvererete con il pangrattato aromatizzato al sesamo e
acciughe. Se la vostra piantina di basilico ancora resiste,
aggiungetene qualche fogliolina.

Pubblicato in novelle cugine | Commenti disabilitati su Ricette sonore #1: variante sulla cucina siciliana

La fotografa guardona mi fa cacare

Sfogliando quel giornalaccio online di
repubblica, mi incuriosisco del link dedicato alla “fotografa
guardona”, una statunitense che si chiama Yasmine Chatila,
pluripremiata per fotografare i cazzi degli altri di nascosto.

Mi immagino questa tizia che va in giro
per New York con la macchina fotografica al collo e con la testa
all’insù per vedere se riesce a fottere degli scatti a della gente
che, come unica colpa, ha di lasciare la finestra aperta. Io
personalmente se venissi fotografato di nascosto e me ne accorgessi,
andrei a rincorrerla per spezzarle in due la SD card della sua
macchina fotografica.

foto tratta dal sito di Yasmine Chatila

Fondamentalmente la nostra artista fa
quello che oggi è più in voga. Con telefonini, macchinette
fotografiche economiche, youtube, stanno tutti a rubare immagini
personali, un voyeurismo molto lontano dalle grandi scuole di
fotografia.

Il fotografo serio non ruba, ha un
rapporto umano con il soggetto che lo ha incuriosito, ci parla e dopo
aver instaurato un minimo di confidenza chiede se può scattare delle
foto.

Qualcuno potrebbe pensare che oggi sia
rivoluzionario fottere i momenti della gente a loro insaputa. Personalmente, trovo rivoluzionario che tutti possano trovarsi al
momento giusto con un videofonino per documentare violenze,
repressioni, soprusi. Forse è difficile però scindere le due cose,
avere quella lucida professionalità. Un conto è non saper suonare
uno strumento musicale e produrre dei suoni, non fa male a nessuno, è
una forma di espressione, ma rubare immagini è rompere l’intimità
delle persone è il grande fratello popolare, il grande fratello di
quartiere.

Lo stesso discorso, a mio avviso, vale
per le registrazioni audio. Il field recording non è popolare come
fare foto e video, ma anche in questo campo ci sono dei ladri. A mio
avviso se, ad esempio, mi trovo in un villaggio sperduto e in un bar
c’è un anziano signore che suona e canta, al momento opportuno vado
a presentarmi, scambiare quattro chiacchiere, magari bere qualcosa e
poi gli chiedo se posso registrare. Qualcuno mi dirà che in questo
modo si perde l’autenticità, la “magia” del momento…e allora?
State tranquilli che se instaurate un minimo di confidenza con il
vostro potenziale soggetto, otterrete risultati molto migliori.
Sicuramente è più difficile, si è sempre meno abituati a parlare
con gli sconosciuti, ma questa è la base da cui partire.

Un consiglio a tutti i potenziali
soggetti di questi nuovi guardoni e 007 delle patatine, non abbiate
timore a girarvi dall’altra parte se qualche sconosciuto vi scatta
una foto senza preavviso, alzategli il dito medio, minacciatelo,
soprattutto se siete con i vostri figli. Lui ha torto, non capisce un
cazzo di fotografia ed è solamente un ladruncolo per niente
romantico.

Pubblicato in arte NO arte, meglio di no | Commenti disabilitati su La fotografa guardona mi fa cacare

varianti tricolore

oltre al crocifisso sopra al tricolore si potrebbe mettere dell’altra roba, in teoria ognuno potrebbe affiggerci il proprio idolo:

il tricolore del risorgimento per vecchiacci

i tricolore "sbirulino" per i bambini degli anni ’80 come me

il tricolore "che guevara" per voi comunisti

il tricolore "padre pio" che è più venerato di dio in alcune tribù italiche

 

Pubblicato in arte NO arte, meglio di no | Commenti disabilitati su varianti tricolore

i discografici chiedono soldi, non solo SIAE

tanto ormai i locali pubblici hanno tutti quelle cazzo di TV accese, tre TV in 40 mq con tre programmi diversi che ti fanno rimbambire. la radio era una gran cosa, meno invasiva e più delicata.

cari stronzi dell’industria discografica, siete consapevoli che tra poco finirete tutti quanti disoccupati, un giorno anche i governi vi scaricheranno…

da repubblica.it

Esercenti in rivolta: ci chiedono di versare altri diritti oltre
a quelli Siae

Cifre riscosse dal consorzio dei fonografici Scf in
base all’articolo di una legge del 1941

ROMA – Basta avere una radio, un lettore cd o una tv e,
naturalmente, tenerli accesi. Che faccia da sottofondo in un negozio,
siano note soft in un ristorante, una compilation "sparata"
dal parrucchiere o in un bar, e persino un disco messo su in
parrocchia: tutto questo ha un costo, come per la musica in
discoteca.

 


Rivendicato in migliaia di lettere che stanno
arrivano agli interessati. I gestori di pubblici esercizi, negozianti
e artigiani sono infuriati: fanno fatica a capire perché, se c’è il
diritto d’autore corrisposto alla Siae, per l’utilizzo in pubblico di
musica registrata si debba versare un altro compenso che va nelle
casse delle case discografiche.

Non si tratta di una truffa
ma dei diritti (connessi a quelli d’autore) previsti da un articolo
di una legge del 1941. Sì, una legge del secolo scorso. Cifre
comprese tra 70 e 600 euro in base all’ampiezza del locale, riscosse
dal consorzio dei fonografici Scf, che riunisce le case discografiche
e tutela oltre 300 imprese. C’è chi si adegua e paga, anche perché
diverse associazioni di categoria hanno stretto accordi con Scf
ottenendo sconti (tra gli altri Federdistribuzione, Confcommercio,
Federmoda). E c’è chi minaccia di ricorrere al giudice e invita a
non pagare.

Confesercenti, Cna, Confartigianato rimproverano
ai discografici di battere cassa con modalità aggressive e con
tariffe stabilite in modo unilaterale. "Semplicemente
rivendichiamo un diritto finora non gestito – precisa Gianluigi
Chiodaroli, presidente di Scf – con campagne informative e accordi
con le associazioni di categoria che tengano conto dei differenti
contesti in cui viene usata la musica". "Circa due anni fa
– aggiunge – dai grandi distributori ci siamo spostati sul
territorio. Mandiamo 30-40mila lettere l’anno".

Sono
diverse le tariffe previste per bar e ristoranti e quelle per i
negozi o gli alberghi "tarate" in base al numero di stelle
e di stanze. Il bacino è vastissimo: basti pensare che in Italia
oltre il 75% dei bar e più del 50% dei ristoranti usano musica
regolarmente, secondo le stime. All’inizio gli agenti Scf si sono
concentrati nel centro-nord. Da qualche mese il Consorzio si è
affidato alla Hunter, un’azienda con sede in provincia di Pavia, per
organizzare rilevazioni su tutto il territorio. I controlli sono
aumentati: gli incaricati fanno un’ispezione e avvertono il consorzio
che invia al titolare il bollettino da pagare.

 

 

Edi Sommariva, direttore generale Fipe che
rappresenta gli esercizi pubblici della Confcommercio, ammette: "È
un adempimento in più che la categoria non si meritava, ma c’è una
legge e va rispettata. Però siamo riusciti a stabilire una cifra
condivisibile". Mentre Tullio Galli, direttore Fiepet
(Confesercenti), non si dà per vinto. "Noi consigliamo di
strappare queste fatture – afferma – Contestiamo il metodo con cui
vengono eseguite le rilevazioni". E avverte che dal 2010 si
rischia il caos: "La Siae ci ha fatto sapere che da gennaio
anche lei riscuoterà il diritto connesso per conto dell’Afi,
l’Associazione fonografici italiani. C’è bisogno di un unico
regolamento".

Messi a dura prova dai download pirati, i
discografici ora cercano di riscuotere quei diritti un tempo pagati
solo da chi usava la musica a fini di lucro. "È un tributo
inaspettato, una gabella per gli associati", continua Galli. Ed
Ettore Cenciarelli, del dipartimento organizzazione della Cna
nazionale: "Le imprese artigiane sono prese di mira,
parrucchieri e carrozzieri ricevono le lettere sulla base della
semplice deduzione che venga usata la musica o di ispezioni
camuffate. Sparano nel mucchio, colpiscono anche pizzerie al taglio:
che hanno a che fare con locali e pub? Chiediamo che le istituzioni
facciano chiarezza. Ma in alcuni casi ci siamo già rivolti al
giudice". Intanto, se chi paga oggi ha diritto a uno sconto, chi
rifiuta corre il rischio di incorrere anche in sanzioni.

 

 

Pubblicato in arte NO arte, meglio di no | Commenti disabilitati su i discografici chiedono soldi, non solo SIAE

la pausa pranzo, ministro si contraddice con l’INRAN

 

tanto per essere popolari, nazionalpopolari, popolarecci, trattiamo un argomento fresco fresco: il ministro rotondi dice che la pausa pranzo non si dovrebbe fare, rovina l’armonia della giornata e negli altri paesi più fighi non si fa (si mangia davanti al PC o dura molta meno).

faccio intanto i miei complimenti a chi ha un lavoro e una pausa pranzo, di sti tempi è raro, poi vorrei sapere perché questi politici sparano così grosse cazzate quando anche i loro organi ufficiali contraddicono una stupida affermazione del genere.

l’INRAN (istituto nazionale per ricerca per gli alimenti e per la nutrizione), appartenente al ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dice proprio il contrario e parla di CONVIVIALITÀ.

nella nuova piramide alimentare istituzionale, si parla di alimentazione equilibrata e per la prima volta di cibi integrali finalmente, inoltre di attività fisica, prodotti stagionali e locali e di convivialità: cioè di rilassarsi almeno quando si mangia, magari con i colleghi a bersi un bicchiere e sparare cazzate senza pensare al lavoro…un’ora mi pare pure poca.

 

 

foto da qui

 

 

 

 

 

 

Pubblicato in novelle cugine | Commenti disabilitati su la pausa pranzo, ministro si contraddice con l’INRAN